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Diario di bordo, Italia: "Adesso c'è la ciccia". Daje Romano: cento, cento, cento

 19/09/2016 Letto 1750 volte

Categoria:    Vari
Autore:    Pietro Santercole
Società:    VARIE





#COLOMBIA2016, DAY 9 - La Nazionale torna a Cali con un bagaglio pieno di certezze. C'è la consapevolezza di aver rispettato la tabella di marcia, vincendo le tre partite del girone, segnando quasi la metà delle undici rete, con sette giocatori diffenti, con la specialità di casa Menichelli, le palle inattive: corner, punizioni, facciamo gol perfino su fallo laterale. C'è la stanchezza di un viaggio da Bucaramanga non proprio rapidissimo. C'è la volontà di proseguire sulla retta via e quella voglia mista a cattiveria agonistica di dimostrare che questo gruppo, fin troppo criticato per la spedizione europea di Belgrado, possa ancora dire molto. E poi c'è Sergio Romano.

 

CENTO, CENTO, CENTO - Lui è lì, nella hall dell'Hotel dell'Intercontinental, sorridente come sempre, seduto davanti a un tavolino in compagnia di alcuni compagni di squadra. Qualche battuta con Molitierno (che coppia!) un'occhiata al telefonino, quattro chiacchiere con Miarelli, Cesaroni, Leggiero ed Ercolessi. Cinque lettere: relax. All'improvviso si alza. "Dove vai mister 100 presenze? Vieni qui. Lo sai che dobbiamo parlare". L'ufficio stampa Azzurro dà il consenso, lui si siede sul divanetto. Non è un'intervista vera a propria, questo il bello di essere Romano. "Di che dobbiamo parlare?". Sa benissimo il nocciolo della questione: contro l'Egitto entrerà nell'esclusivo club dei Decani dell'Italfutsal, insieme a Nando Grana, Marco Ercolessi, Adriano Foglia ed Edgar Bertoni. "Nessuna ansia da prestazione. Adesso c'è la ciccia - ride - oh, non lo scrivere". "Tranquillo, non ti preoccupare". Una bugia a fin di bene, in fondo, non fai mai male. "Adesso c'è la ciccia" è una colorita espressione romana, che rende al meglio il clima che si respira nel clan Azzurro. "Un giocatore si prepara 4 anni per il Mondiale, questo è l'importante. Abbiamo fatto il nostro, adesso iniziano le partite da dentro o fuori". Ora quella ciccia va gustata, giorno per giorno. "Non vi preoccupate, qui nessuno pensa ai quarti con l'Argentina. Prima l'Egitto".

 

IO E IL FUTSAL - C'era una volta un ragazzino magro come un fuscello che voleva giocare a a futsal. La favola di Romano comincia da qui. Dal Torrino, nella periferia della Capitale, dove si presentò tanti anni fa dalla Montagnola, al cospetto di Roberto Rosci. Che lo vide, lo definì - appunto - magro come un fruscello, lo prese al Torrino senza pensarci due volte. "Ricordo bene quel giorno, mai avrei pensato di fare questa esclation". Il segreto è presto svelato. "Fondamentalmente sono un rosicone, ci sto lavorando su, ma non riesco ancora ad accettare la sconfitta in generale. Di fondo sono un competitivo, la fame di vittorie non mi è mai mancata, ne è passata". Romano fa cento, dunque. Il secondo italiano doc insieme a Ercolessi. "Io e Marco siamo stati gli apripista, abbiamo lavorato tanto in una situazione non semplice, riuscendo a sopportare la pressione. Sono fiero di questo traguardo, essere un esempio a 360 gradi non è affatto un peso". Un sms da mandare ai tutti i giovani che sognano di diventare come Romano ed Ercolessi. "Crederci sempre. Rischiare come ho fatto io, lasciando Roma per seguire il mio sogno". Un sogno diventato realtà.

IO E PAPA' - In Colombia, in realtà, di Romano ce ne sono due. Come due ce n'erano a Belgrado, in Thailandia e ad Anversa. E così via, a ritroso nel tempo. Già, papà Stefano non perde occasione per seguire il figlio. "Caciarone" come Sergio, simpatico come Sergio, tifoso come Sergio. "Ha la passione per la maglia Azzurra e un lavoro che gli permette di viaggiare e di gestirsi i giorni. Ha rinunciato alle sue vacanze estive per venire in Colombia. E' qui dal 24 agosto. No, è ancora tornato a Cali. Che viene a fare, giochiamo il 22, credo si stia facendo un giretto, verrà per l'Egitto. Fa "caciara" sulle tribune? Se giocasse lui al posto mio, io farei lo stesso". Il rapporto fra quei due è qualcosa di unico, che va oltre il padre e il figlio. "Una fortuna avere un papà così, ma non pensate che sia facile: quando va bene è tutto normale, quando va male mi rimprovera dicendomi di starci con la testa. Il soprannome di Pennellone? Ahah, mi chiama in mille modi". Mille, anzi cento, come le sfaccettature di un vero Romano. Cento, cento, cento.

 

Pietro Santercole



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