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Giasson: quella bella dozzina. Va' e fatti valere. "Arrivederci Italia. Jaà©n: eccomi"

 16/06/2017 Letto 1939 volte

Categoria:    Vari
Autore:    Pietro Santercole
Società:    VARIE





L'INTERVISTA - Tecnicamente è un italo, ma di brasiliano gli è rimasto ben poco: la "suolata" verdeoro, poco altro. Parla la nostra lingua meglio di molti, è simpatico, spumeggiante ed estroverso: fuori dal campo l'amicone di molti, in campo è diventato grazie all'Italia un grande giocatore. Nepi, Torrino, Ceccano, Rieti, Cogianco, Pescara, Luparense e Lazio, senza dimenticare la Nazionale: 58 presenze e 11 reti. Dodici anni e quella bella dozzina: una Coppa Italia con la Lazio taragta D'Orto, è stato uno degli alfieri di Menichelli che ha dato scacco matto alla Russia, annichilita 3-1 nella finale europea di Anversa 2014. Giasson cede alle lusinghe spagnole, è maturato al punto giusto, deciso a confrontarsi con i maestri iberici di futsal: nella prossima stagione giocherà nel Jaén (insieme a Brandi) un "Olivo Mecanico" che rappresenta l'alternativa alle big fùtbol sala.

Daniel, 12 anni nel Belpaese e così poco spazio che raccontarlo. Cosa ha significato l'Italia per te?
Vero! Ci sarebbe tanto da scrivere di questi 12 anni. L'Italia in generale ha significato indipendenza, crescita personale, esperienze di vita, gioie e dolori sportivi, tante amicizie, e ormai significa anche casa.

Tantissimi ricordi, quelli più piacevoli e quelli meno?
Questa è difficile. I ricordi più piacevoli: la stagione dello scudetto Under 21 (con la Lazio Nepi, ndr), il percorso dalla prima partita fino alla finale del Europeo di Anversa e la seconda stagione con la Luparense. I meno piacevoli? Le stagioni a Ceccano e a Pescara, non solo per i risultati sportivi.

12 anni e tanti allenatori. Il tuo rapporto con loro? Chi e in che cosa ti hanno accresciuto?
Vero, sono stati tanti e con praticamente tutti ho avuto un bel rapporto: alcuni ancora lì sento. Senza fare nomi, per non scordarmi di nessuno, ho cercato di prendere un po' di ogni uno di loro. Sicuramente ho imparato ad essere più competitivo, a dare più importanza alle palle inative e alla sua giusta esecuzione, ottimizzando quanto più possibile, anche quando a volte non è tutto favorevole

Futuro in Spagna. Come mai questa decisione?
Giocare in Spagna è stato sempre un po' un'obiettivo e, perché no, un sogno. Era la seconda volta che mi si presentava questa opportunità, la cosa mi entusiasmato tanto. A sensazione, giocare un campionato professionista, l'organizzazione di gioco, è uno dei migliori, se no il migliore, campionato al mondo, confrontarmi con tanti campioni. Ecco perché ho preso questa decisione.

Cosa dirai al Jaén e ai tuoi nuovi compagni di squadra per descriverti
Per descrivermi?! Non sono bravo in queste cose (ride, ndr). Gli posso dire che sono uno che dà tanta importanza al gruppo, uno che si allena sempre al cento per cento, per cercare in campo di fare il suo fatto bene e mettere gli altri in condizione di fare il loro. Tanta difesa, fisicità: uno di quantità. Qui ho un amico romano che, se la leggerà, si farà una bella risata.

Giasson lontano dall'Italia. Un adiòs, o un semplice arrivederci?
Non saprei rispondere, anche se probabilmente solo un arrivederci. 12 anni fa lasciando il Brasile, non avrei mai immaginato di restare qui così tanto tempo, poi mi sono trovato a casa. Sicuramente appena potrò, ritornerò. Ho l'Italia nel cuore, ma sportivamente parlando lascerò che sia il tempo a rispondere, a me stesso e a questa domanda".


Pietro Santercole



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