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7 tecnici in A sono stranieri, mai tanta esterofilia. Il made in Italy non va più di moda

 24/01/2018 Letto 2491 volte

Categoria:    Serie A
Autore:    Pietro Santercole
Società:    VARIE





La lunga sosta per Euro 2018 è l'occasione per osservare più da vicino la Serie A. Una regular season appassionante ed imprevedibile, il più difficile campionato fra i grandi d'Europa, quello con il minor distacco fra le prime quattro, racchiuse in altrettanti punti. Eppure il Made in Italy non va più di moda.


UNA DURA REALTA' - Dall'inizio della stagione sono saltate 5 panchine su 14 nel massimo campionato nostrano: quella del Lollo Caffè Napoli la prima, poi Pescara, Axed Latina, Lazio e, ultima in ordine cronologico, quella dell'Acqua&Sapone Unigross. Per un motivo o per un altro, via Cipolla nonostante gli 8 punti in 5 gare con la miglior difesa della A, divorzi con Colini, Mannino (nonostante una qualificazione tutt'altro che scontata in F8, addirittura da sesto), Angelini e quel Ricci a cui non è bastato conquistare il platonico titolo di campione d'inverno ed essere secondo a un misero punto dalla vetta, con un attacco atomico, prima della sosta europea. Solo Pescara e Lazio hanno continuato ad affidare i rispettivi roster a esponenti del Belpaese, facendo tornare Mario Patriarca e promuovendo Fabrizio Reali. Negli altri casi, ecco la coppia portoghese Polido (al Napoli) Kitò Ferreira (Latina), lo spagnolo Tino Perez (A&S), per un totale di 7 stranieri. Non c'è mai stata negli ultimi anni una Serie A così esterofila: questa la dura realtà.


LA DOMANDA SORGE SPONTANEA - Quattro spagnoli, due lusitani, un brasiliano: il 50% della Serie A in mano ad allenatori nati fuori dal suolo italico, senza contare un sempre più maggiore afflusso di tecnici stranieri nelle categorie inferiori. Estromettendo da questo discorso le capacità tecnico-tattiche e la bravura di David Marìn e Tino Perez, Juanlu e Ramiro, Polido e Kitò Ferreira, oppure Sylvio Rocha e tutti gli altri, la domanda sorge spontanea: perché le società non considerano competitivi gli allenatori italiani? Eppure lo Special One Colini, Piero Gialli e Cristian Bagordo hanno vinto 12 scudetti in tre, eppure Coverciano è una delle scuole migliori al mondo, ci vengono perfino dall'estero a prendere il patentino; Diego Giustozzi - tanto per fare un esempio - ha studiato da alunno sui banchi del Belpaese prima di diventare maestro iridato con l'Argentina. Si ci riempie la bocca sulla crescita del futsal che deve basarsi sul prodotto nostrano. Tante parole, poi i club fanno altri fatti. Porqué? No. Perché?


Pietro Santercole



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