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Ion si racconta a Diara: "So cosa voglio, posso ancora crescere"

 16/11/2018 Letto 482 volte

Categoria:    Femminile
Autore:    Ufficio Stampa
Società:    VARIE





Roxana Ion, giocatrice dell'Italcave Real Statte, si racconta in una lunga intervista a Franco Diara.

Si dice che Roxana sia “cattiva” e concreta al punto giusto sotto porta, è proprio così?
Devo sicuramente crescere, la cattiveria sportiva provo a dimostrarla in tutte le fasi del gioco. A dir la verità, devo migliorare in concretezza ma il lavoro col Real Statte mi sta permettendo di conoscere alcune mie qualità anche in fase realizzativa.

Sei ormai da tanto tempo in Italia, come ti trovi?
In realtà sono cresciuta in Italia anche fuori dal terreno di gioco. Sono arrivata in Italia nel 2005, a soli 9 anni. Mi trovo bene e mi sento a casa.

Per quanto riguarda lo sviluppo della disciplina a rimbalzo controllato, in Romania non esiste ancora un campionato femminile. Cosa puoi dirci a riguardo?
Purtroppo in Romania pensano poco o nulla al calcio a 5 femminile. Guardano più il calcio a 11 al femminile. Spero che col passare del tempo si riesca a crescere anche su questo aspetto.

Tu, Antonia Covaci, giovane talento che gioca in Portogallo, e Sabina Radu: tre ragazze con buona esperienza. Cosa manca alla Nazionale rumena per essere ancora più competitiva?
Proprio il campionato rumeno: perché avendo compagne che giocano a calcio a 11 non è facile adattarsi al futsal. Cambia la velocità dei movimenti e anche la visione di gioco. In tre abbiamo questo tipo di esperienza nel calcio a 5, ma deve rappresentare solo una base da poter incrementare con un campionato dedicato al nostro sport.

Come mai pur avendo doppia cittadinanza, hai preferito giocare con la Nazionale rumena?
Alla fine io sono nata in Romania, quindi la frase “indossare la maglia della propria Nazionale è un sogno” si è trasformata in realtà. Non avendo avuto chiamate dall’Italia, la mia scelta è stata moto semplice.  

Date le tue esperienze con diverse società, quali suggerimenti ti senti di dare per migliorare il movimento femminile in Italia? Cosa serve per essere veramente competitivi?
Il futsal femminile in Italia cresce di anno in anno. Quest’anno è ancor più competitivo. Suggerimenti? Forse servirebbe una maggiore vicinanza mediatica, ma per questo serve che tutti davvero credano nel futsal femminile. Le società stanno facendo tanto ma possono dare di più solo se realmente dall’alto si crede nell’intero movimento in rosa.

Pensi che in Italia le giocatrici debbano avere maggior tutela?
Da quando ho iniziato a giocare, le tutele sono aumentate sia dal punto di vista economico che sanitario. Ma, sicuramente, ci sono società che hanno sempre puntato su questo e i risultati lo dimostrano. Un esempio? I team che sono in A sin dalla nascita e che hanno contribuito alla creazione del movimento nazionale del futsal femminile, come il Real Statte. 

Andare al Sinnai così giovane e giocare assieme con Vanessa Pereira, 5 volte pallone d’oro e campionessa del mondo con il Brasile, cosa rappresenta? Come si vivono questi momenti?
Un’emozione e un onore a dire la verità. Giocare con Vanessa Pereira non è cosa da tutti i giorni.

Cosa ti ha lasciato e cosa hai imparato da una giocatrice di talento come lei?
Ho imparato a non mollare mai. Dava sempre consigli e mi spronava a far sempre meglio. Con lei sono cresciuta, anzi ho capito cosa significa giocare a futsal e a essere una giocatrice con professionalità.

Questi percorsi rilevanti e belli da vivere come mai finiscono?
Il Sinnai di quelle giocatrici non c’è più. Posso dire che mi dispiace quanto accaduto ma porto con me ciò che di positivo l’esperienza mi ha dato, come quella di confrontarmi con giocatrici internazionali. 

Scuola spagnola o brasiliana, a quale ti vorresti avvicinare di più?
Un po’ dell’una e un po’ dell’altra: sono due modi di giocare differenti ma il giusto equilibrio regala la perfezione. Diciamo che sono vicina a quello spagnolo, più grintoso. Mentre quello brasiliano prevede un po’ più di possesso. 

Emotiva, sensibile o testarda: come sei di carattere?
Sicuramente testarda ma con un cuore grande. Così mi dicono. Però devo essere sincera: entrambi gli aggettivi sono giusti. Al tempo stesso in campo aggiungerei grintosa e determinata.

Un tuo giudizio sul livello tecnico degli allenatori in Italia da 1 a 10?
Direi sette e mezzo, ma non sono brava a fare le pagelle.

E sulle atlete italiane sempre da 1 a 10?
Lo stesso degli allenatori: 7.5

Prima di una partita importante, hai un tuo modo di concentrarti, un tuo rito scaramantico o porti con te un oggetto portafortuna?
Non si può dire, altrimenti che scaramanzia è. Diciamo che sono abitudinaria: musica e risate con le mie compagne rappresentano il giusto mix per preparare una gara senza particolari pressioni e superando le paure.

Orgoglio e dignità sono elementi del tuo percorso di vita professionale, nel futsal sono cose di cui si può fare a meno qualche volta?
No, ma anche determinazione. Ripeto: sapere cosa si vuol raggiungere non è presunzione, ma consapevolezza.

Cosa vorresti che gli altri dicessero di te, cosa ti piacerebbe sentirti dire?
Lascio fare a loro, lavoro al massimo e i giudizi sono liberi. Se faccio bene, mi fa piacere sentirmi dire che ho fatto qualcosa di positivo. Se non riesco a dimostrare in una partita qualcosa, significa che devo prendermi delle critiche e far meglio la volta successiva.

A Statte con quale compagna hai legato di più?
Lo scorso anno sicuramente con Pegue. Ma in generale sono legata a tutte le mie compagne di squadra. Mi piace avere con tutte un bel rapporto e sono la prima a cercare di fare gruppo anche fuori dal campo. 

In una partita, quanto ti affidi alla fortuna e quanto alle tue capacità?
La fortuna si costruisce con le capacità proprie e con quelle delle compagne di squadra assieme allo staff. 

Quanto conta il gruppo e quanto il singolo in una buona squadra?
Il motto del Real Statte è: “Un unico leader, la nostra squadra”. Mi ci rivedo appieno.

Brasile, Spagna o Portogallo: dove ti piacerebbe giocare un giorno?
Spagna.

Tra di voi giocatrici, c’è competizione o anche un po’ d’invidia?
C’è anche invidia, c’è un po’ di tutto. Se si riesce a trovare equilibrio, soprattutto per noi donne, si può costruire qualcosa d’importante.

Una giocatrice di talento che hai incontrato?
Che ho incontrato Tampa, perché è completa.

Cosa ti manca della Romania?
Mi mancano gli affetti familiari: metà della mia famiglia è lì.

Qual è il bilancio della tua carriera fino ad oggi?
C’è stato un periodo negativo, ma ora vivo sicuramente un momento positivo. Comunque, posso ancora crescere, ho 25 anni. 

Che posto occupano gli amici e la famiglia nel tuo percorso di vita professionale?
Un posto di assoluto rilievo.

Chi vorresti ricordare e ringraziare per la tua popolarità come giocatrice?
Tutta la mia famiglia che mi ha permesso di inseguire i miei sogni: mi hanno aiutato a coltivarli.


Franco Diara



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